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Artisti Emergenti

Artisti Emergenti (4)

La street art, nata come atto di ribellione e espressione spontanea, si è trasformata in un linguaggio artistico globale, capace di conquistare gallerie e musei. Due figure emblematiche di questa evoluzione sono Jone Hopper e Skepa, artisti francesi che, partendo dai muri delle città, sono diventati astri nascenti dell’arte contemporanea. Le loro storie, intrecciate attraverso il collettivo TBS (The Brutal Style) e il movimento BAFO, raccontano una transizione unica dalla strada alle sale espositive, mantenendo viva l’essenza cruda e autentica dei graffiti. In questo articolo, esploriamo le loro carriere, il loro approccio artistico e alcune curiosità che li rendono figure affascinanti e misteriose del panorama artistico odierno.
Jone Hopper: L’Enigma della Street Art
Nato nel 1977, Jone Hopper è un artista francese che incarna lo spirito puro della street art. Alla fine degli anni ’80, quando il movimento dei graffiti inizia a prendere piede in Europa, Hopper si forma nelle strade, taggando il suo nome su muri e treni. Le sue firme aerosol e i suoi personaggi stilizzati diventano un marchio distintivo, capace di catturare l’attenzione per la loro immediatezza e forza visiva. Insieme a Skepa e altri artisti underground, fonda il collettivo TBS (The Brutal Style), un gruppo che celebra l’estetica grezza e l’attitudine ribelle dei graffiti.
Hopper è un enigma. Fedele alla filosofia della street art, rifiuta la celebrità personale, scegliendo l’anonimato per lasciare che siano le sue opere a parlare. Assente dai social media e dalle inaugurazioni delle mostre, è noto solo a pochi galleristi che custodiscono il segreto della sua identità. Descrive il suo processo creativo come un pezzo di hip-hop: “Io sono un campionatore. Campiono, taglio, assemblo e creo nuove immagini”. Questo approccio, che richiama il cut-up e il collage, fonde elementi della cultura urbana con riferimenti all’arte classica e contemporanea, creando opere che sono al tempo stesso nostalgiche e innovative.
Curiosità su Jone Hopper:
  • Influenza hip-hop: Hopper ha dichiarato che la sua arte è profondamente influenzata dalla cultura hip-hop, non solo nella tecnica, ma anche nell’attitudine. Come un DJ che remixa tracce, lui remixa immagini, mescolando spray, pastelli e acrilici su tela.
  • Opere senza volto: Una delle sue opere più note, Humanity is Ignorant, è un esempio di mixed media che combina graffiti e messaggi socio-politici, mantenendo il suo stile “brutale” e diretto.
Skepa: Il Visionario del Cubismo Organico
Nato nel 1978, Skepa è un pittore, scultore e artista visivo francese che rappresenta una fusione unica tra formazione accademica e ribellione di strada. Laureato all’École Nationale Supérieure des Beaux-Arts di Lione, Skepa inizia il suo percorso artistico nei primi anni ’90, immergendosi nel mondo dei graffiti sotto l’influenza di maestri come Basquiat, Seen, Cope2, Haring, JonOne, Condo e Banksy. L’incontro con Jone Hopper e la fondazione del collettivo TBS segnano una svolta decisiva, spingendolo a esplorare un’arte più sperimentale e audace.
Skepa è anche cofondatore del movimento BAFO, un collettivo che promuove un approccio innovativo all’arte contemporanea, rompendo con le convenzioni tradizionali. La sua pittura, descritta dai critici come “un UFO con molteplici tentacoli”, mescola un cubismo organico a un figurativo destrutturato, creando opere che sfidano la visione “igienizzata” dell’arte contemporanea. Traendo ispirazione da Brauner, Matisse, Corneille, Braque, Picasso, Gauguin e persino dall’arte pompier, Skepa ha sviluppato un linguaggio visivo che attraversa epoche e stili, spaziando dall’arte classica al modernismo. Con oltre 1200 opere in tutti i medium, è uno degli artisti più prolifici nel mercato dell’arte online, con una presenza significativa su piattaforme come Artsper e ArtMajeur.
Curiosità su Skepa:
  • Produzione vertiginosa: Skepa è noto per la sua straordinaria prolificità, con più di 1200 opere che includono dipinti, sculture e installazioni. Questa produzione lo rende una figura di spicco nel mercato dell’arte digitale.
  • Influenza del movimento BAFO: Il movimento BAFO, cofondato da Skepa, si concentra sull’esplorazione di forme espressive non convenzionali, spesso integrate con elementi di attivismo culturale. Sebbene i dettagli su BAFO siano scarsi, è considerato un’evoluzione del TBS, con un’enfasi maggiore sull’ibridazione tra generi artistici.
  • Aste dedicate: Skepa ha attirato l’attenzione di piattaforme come Catawiki, che hanno organizzato aste specifiche dedicate alle sue opere, segno della sua crescente popolarità tra i collezionisti.
Parallelismi e Sinergie: TBS e l’Eredità della Strada
Jone Hopper e Skepa condividono un percorso che parte dalle strade e si evolve verso l’arte contemporanea, ma le loro storie si intrecciano soprattutto attraverso il collettivo TBS (The Brutal Style). Fondato nei primi anni ’90, TBS rappresenta un momento di svolta per entrambi, un laboratorio creativo dove la cultura dei graffiti si mescola con l’attivismo e la sperimentazione. Mentre Hopper rimane fedele all’anonimato, Skepa adotta un approccio più visibile, sfruttando la sua formazione accademica per costruire ponti tra la strada e le gallerie.
Entrambi gli artisti trasformano l’energia grezza dei graffiti in un linguaggio universale. Hopper, con il suo campionamento visivo, crea opere che evocano il ritmo e la spontaneità dell’hip-hop. Skepa, con il suo cubismo organico, esplora nuove frontiere, mescolando influenze classiche e moderne in modo audace. Insieme, rappresentano una nuova generazione di artisti che non solo hanno conquistato il mercato dell’arte, ma hanno anche ridefinito il ruolo della street art nel panorama culturale.
Curiosità sul collettivo TBS:
  • Un nome, molte voci: TBS non era solo un collettivo artistico, ma anche un movimento di resistenza culturale, che utilizzava i graffiti come forma di protesta contro l’establishment artistico dell’epoca.
  • Collaborazioni misteriose: Sebbene Hopper e Skepa siano i nomi più noti, altri membri del TBS rimangono anonimi, contribuendo al mito del collettivo come forza underground.
L’Impatto sul Mercato dell’Arte
Sia Hopper che Skepa hanno trovato un pubblico globale grazie alle piattaforme online. Le opere di Hopper, spesso disponibili su siti come Kunstveiling e Artpeers, attirano collezionisti per la loro rarità e autenticità. Skepa, con la sua produzione prolifica, domina il mercato digitale, con opere che spaziano da tele di grandi dimensioni a sculture sperimentali. Entrambi dimostrano come la street art possa trascendere i suoi confini originari, diventando un fenomeno culturale che parla a un pubblico eterogeneo.
Conclusione
Jone Hopper e Skepa sono due facce della stessa medaglia: artisti che hanno trasformato i graffiti da gesto ribelle a linguaggio artistico riconosciuto a livello internazionale. Hopper, con il suo anonimato e il suo approccio da “campionatore”, e Skepa, con la sua formazione accademica e il suo cubismo organico, incarnano la versatilità e la potenza della street art contemporanea. Le loro storie, arricchite da curiosità e dettagli sul loro percorso, ci ricordano che l’arte nasce ovunque ci sia creatività, che sia su un muro di periferia o in una galleria di prestigio. Per scoprire di più su Skepa, visita il suo sito ufficiale (Skepa.fr), mentre per Hopper, la ricerca delle sue opere rimane un’avventura nel mistero dell’arte senza volto.
Sul mio sito, cafarotti.it, desidero raccontare un artista che incarna l’essenza della libertà creativa, un “cattivo pittore” nel senso più nobile del termine: Daniele Masini. La sua pittura, visionaria e ostinatamente fedele alla tradizione, si staglia come un atto di resistenza in un’epoca che sembra aver dimenticato il profumo della trementina e il peso di un pennello. Grazie a un’intervista concessa da Masini al critico d'arte Janus, ho potuto esplorare il suo mondo, un universo di selve oscure e verità scomode, lontano dal conformismo del “paradiso” artistico tanto caro ai “buoni pittori”.
Un “Cattivo Pittore” per Scelta
Masini si definisce senza esitazione un “pessimo pittore”. Non è falsa modestia, ma una dichiarazione d’intenti. Rifiuta il paradiso, che per lui è un luogo “precostituito e falso, conforme alle regole, senza scatti, piuttosto monotono”. L’inferno, invece, lo affascina: è il territorio dei “cattivi pittori”, quelli che si perdono nei sentieri sconosciuti, mossi dalla curiosità e non dalla brama di successo. “Il successo non è mai stato un mio obiettivo”, afferma con una schiettezza disarmante. Per lui, l’arte non è un prodotto da confezionare per il plauso del pubblico, ma un viaggio personale, intimo, fatto di fatica e solitudine.
Il critico Janus, con il suo celebre scritto I buoni pittori vanno in paradiso, ha collocato Masini tra i “cattivi pittori”, non per mancanza di talento, ma per la sua ostinata indipendenza. Janus vede in questi artisti una ribellione al sistema dell’arte, un rifiuto di piegarsi alle logiche del mercato e della moda. Masini incarna questa ribellione: le sue mostre sono rare, molte opere rimangono nascoste, mai esposte, come tesori custoditi in una pinacoteca intima. “L’ambizione fa molto male all’arte”, dice, e in questa frase c’è il manifesto di un artista che preferisce perdersi rather than seguire i cartelli indicatori del successo.
La Pittura come Scandalo
In un mondo artistico che celebra l’effimero, l’installazione e il concettuale, Masini commette un peccato imperdonabile: dipinge. La pittura, per lui, non è un’attività desueta, ma un “mondo infinito”, un linguaggio alchemico che richiede anni di studio, disciplina e dedizione. “Ho preso il pennello in mano a sei anni e ancora lo tengo saldamente”, racconta. La sua fedeltà alla pittura, in un’epoca che la considera quasi “abnorme”, è un atto di coerenza che sfida le avanguardie contemporanee, spesso prive di sostanza. “Le avanguardie? Cosa sono?”, si chiede ironicamente, liquidando il conformismo di chi ricicla vecchie idee per un pubblico che “naviga a vista”.
Masini non dipinge per compiacere. Le sue tele sono specchi della sua anima, riflessi di una Romagna che ama e critica. La sua pittura, fantastica e onirica, si nutre delle contraddizioni della sua terra, dalle pinacoteche di provincia ai silenzi di una cultura che si sta impoverendo. Come scriveva il poeta Andrea Brigliadori nel 1988, per Masini la provincia è “un idolo polemico, un fantasma negativo” contro cui scaglia “violenze pittoriche di congelata durezza”. Le sue opere non sono eccentriche, come qualcuno potrebbe pensare, ma profondamente realistiche: raccontano il dolore, le invidie, la chiusura di una società che spesso nasconde i suoi figli migliori.
Visioni di un Altro Tempo
Masini si definisce “uomo di un altro tempo”, e la sua pittura lo conferma. Le sue tele nascono da visioni che si intrecciano con la realtà, da sogni che si trasformano in memoria. “Prima di addormentarmi dipingo con il pensiero immense tele”, racconta. Non segue schemi predefiniti: ogni opera è un viaggio unico, guidato dalla tela stessa, che gli suggerisce come proseguire. La sua tecnica varia, i colori si riducono a pochi toni scelti con cura, in un dialogo costante tra immaginazione e gesto pittorico.
Questa pittura visionaria si scontra con un mondo prosaico, incapace di sognare. Eppure, Masini non cerca di compiacere l’osservatore. “La comprensione delle opere non mi ha mai preoccupato”, dice. La sua arte è un atto di libertà, un rifiuto della banalità che permea il sistema artistico, fatto di curatori che inseguono l’audience, critici che si credono artisti e “buoni pittori” che riciclano incessantemente le stesse idee.
La Morte come Compagna
Un aspetto affascinante del lavoro di Masini è il suo rapporto con la morte, un tema che attraversa la sua pittura fin dalle prime tele monocromatiche degli anni ’70, dedicate a cripte e resti organici. “Ho passato giornate intere in compagnia di Santi e Vescovi”, racconta, riferendosi alle sue visite nelle chiese di Forlì. La morte, per lui, non è un incubo, ma un “divenire necessario”, una presenza che si manifesta nelle forme consunte e nei colori ossidati delle sue opere. La sua pittura trasforma i reperti in storia, dando vita a una realtà immaginata che diventa concreta sulla tela.
Un Ribelle Sereno
Nonostante il suo spirito combattivo – “ho sangue romagnolo, frizzante e reattivo” – Masini ha trovato una serenità nuova, grazie alla compagna Chiara, che gli ha donato stabilità emotiva. La sua armatura, che lo protegge dai “portaborse ossequiosi” e dai “venditori di fumo” del mondo dell’arte, si scioglie solo davanti a persone autentiche. La sua pittura, però, rimane un autoritratto: ogni opera riflette una parte di lui, fisica e intellettuale, un’espressione della sua essenza che non si piega alle lusinghe del paradiso artistico.
Una Vita per la Pittura
Masini ha dedicato la sua vita alla pittura, sacrificando l’ozio per accumulare un corpus impressionante: 600 tele, 3000 carte dipinte a olio, 4000 disegni. “Sono il più grande collezionista di Masini”, scherza, ma dietro l’ironia c’è la consapevolezza di un lavoro incessante, nutrito dalla lettura, dagli incontri, dalla memoria. Anche quando non dipinge fisicamente, la sua mente continua a creare, costruendo tele immaginarie che nessuno vedrà mai.
Contro la Banalità del Sistema
La pittura di Masini è un atto di ribellione contro la banalità, contro un sistema artistico che premia la prevedibilità e l’omologazione. Non imita, non segue mode, non si piega alle aspettative. “In pittura non si arriva mai”, dice, e questa umiltà lo rende un vero “cattivo pittore”, nel senso che Janus intende: un artista che non cerca il paradiso del successo, ma si avventura nelle selve oscure della propria immaginazione, accettando il rischio di perdersi.
Daniele Masini è un monito per tutti noi: in un mondo che celebra i “buoni pittori” e le loro ambizioni programmate, c’è ancora spazio per chi, come lui, sceglie l’inferno della libertà creativa. La sua pittura, viva e scandalosa, ci ricorda che l’arte non è fatta per compiacere, ma per scuotere, interrogare, e lasciare tracce di un’anima che non si arrende.
Friday, 01 November 2024 10:13

Matteo Nebuloni: Focus Arte

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Nel mare magnum degli artisti emergenti, in particolare italiani, vorrei spendere due parole per Matteo Nebuloni, che ho avuto il piacere di incontrare a Senigallia. Bisogna distinguere tra l'opera e l'artista. La distinzione è necessaria inizialmente e propedeutica alla successiva ricongiunzione, sotto una nuova luce. Ci si avvicina all'opera prima, e all'artista poi. Nel caso di Matteo, le sue opere surrealiste che prendono spunto dalla sua fantasia, costantemente alimentata dal mondo che lo circonda, rapiscono immediatamente l'attenzione. Non è un passaggio scontato. Si arriva a Matteo dall'opera. Si arriva a conoscere un ragazzo che mette nell'arte la propria vita e le sue esperienze per il mondo, filtrate dalla sua visione del mondo, o di un nuovo mondo immaginario, in cui il sogno ci apre porte nuove. I suoi quadri sono dinamici. Raccontano storie nuove. In comune con la mia pittura hanno la narrativa. Il mio è un espressionismo narrativo, il suo un surrealismo narrativo. Chiudere i nostri stili in due cassetti è ancora presto. Noi che facciamo della limpidezza del nostro essere, un vessillo importante. Arte e uomo arte. Essere nel colore. Ho conosciuto Matteo e ho ricollegato tutti i punti che dai suoi quadri mi hanno portato a lui, ripercorrendo il percorso al contrario e trovando tante verità che non conoscevo. Grazie Matteo.

Tuesday, 15 October 2024 14:07

Emergere nell'arte: la riconoscibilità

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Posto che l'artista crea in primo luogo per sentirsi meglio (il primo approccio è catartico), e che questi può capitare diventi famoso per ragioni ignote e casuali, la domanda che ci si fa riguarda l'originalità e univocità di uno stile.

Se guardiamo indietro ai più grandi artisti di tutti i tempi, oggi sapremmo riconoscere una loro opera senza leggerne la firma. Chi si avvicina all'arte con il pennello in mano, rischia di forzare questo aspetto palese, costruendo uno stile inesistente. In questo modo l'essere se stesso andando avanti soffre. Consiglio di non seguire uno stile. Dopo 10 quadri, 100 quadri, 1000 quadri il nostro stile sarà evidente a tutti, compreso noi. Ognuno lascia un segno distintivo: la scelta dei colori, i contorni, le figure, le tecniche, si palesano andando avanti. Arriverà un momento nel quale qualcuno dirà "riconosco il tuo stile" a prescindere dal soggetto. Quello che un artista deve fare è divertirsi, senza troppo pensare al dopo. Il dopo è il dopo.

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Essere se stessi nella pittura

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