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Arte Contemporanea

Arte Contemporanea (15)

Benvenuti sul blog di Cafarotti.it, il vostro punto di riferimento per l'arte contemporanea e le sue eccellenze. Oggi celebriamo un artista italiano di grande rilievo, Ciro Palumbo, che ha raggiunto un milestone significativo: la copertina del Catalogo dell'Arte Moderna (CAM) numero 61, edito da Editoriale Giorgio Mondadori in collaborazione con RCS Cairoeditore. Questo riconoscimento, accordato da una commissione di esperti ai più grandi artisti del panorama italiano, rappresenta un onore riservato a pochi eletti, simbolo di eccellenza e innovazione nel mondo dell'arte. Tra i nomi illustri che hanno impreziosito le copertine precedenti del CAM figurano maestri come Ottone Rosai (per il CAM 56) , Giulio Paolini (nel 1979) , Ercole Pignatelli (CAM 57) ed Elvino Motti (CAM 55) . La copertina del CAM 61 è dedicata a uno splendido dipinto di Palumbo, un paesaggio metafisico che cattura l'essenza della sua poetica, con un testo critico a firma di Martina Cavallarin e un'introduzione di Elena Pontiggia .La Carriera Artistica di Ciro Palumbo: Da Zurigo a Torino, un Viaggio VisionarioCiro Palumbo nasce a Zurigo nel 1965, in Svizzera, da genitori italiani, un dettaglio che aggiunge un tocco internazionale alle sue radici . Trasferitosi in Italia durante l'adolescenza, frequenta le scuole superiori a Torino, dove ottiene il diploma di disegnatore meccanico, ma presto vira verso il mondo della creatività. Inizia la sua carriera come graphic designer e art director in agenzie pubblicitarie, un background che influenza la sua precisione compositiva e l'uso del colore . Il suo percorso artistico vero e proprio prende avvio negli anni '90, ispirato profondamente dalla scuola metafisica di Giorgio de Chirico e Alberto Savinio, ma evolvesi in una visione personale e contemporanea .Palumbo ha esposto in numerose mostre personali e collettive in Italia e all'estero, collaborando con gallerie prestigiose come la Galleria Ferrero e la Ravagnan Gallery . La sua opera è presente in collezioni private e pubbliche, e ha partecipato a fiere d'arte internazionali, consolidando la sua reputazione come uno dei pittori più innovativi del panorama metafisico contemporaneo. Una curiosità affascinante: nonostante la nascita svizzera, Palumbo ha sempre mantenuto un legame forte con l'Italia, e il suo studio a Torino è diventato un vero e proprio laboratorio di sogni, dove trasforma oggetti quotidiani in elementi surreali. Un'altra nota interessante è il suo passaggio dal design pubblicitario all'arte pura: ha raccontato in interviste di aver iniziato a dipingere per evadere dalla routine creativa commerciale, trovando nella metafisica una libertà espressiva assoluta .Lo Stile di Ciro Palumbo: Tra Metafisica e Poesia OniricaLo stile di Palumbo è un omaggio rivisitato alla metafisica, ma con un tocco poetico e visionario che lo rende unico. Le sue opere sono popolate da paesaggi sospesi, oggetti fluttuanti e figure enigmatiche, dove il reale si fonde con l'onirico in una dimensione atemporale . Influenzato da de Chirico, Palumbo introduce elementi di colore vivace e luce drammatica, creando composizioni che evocano mistero e introspezione. I suoi dipinti spesso esplorano temi come il viaggio interiore, la memoria e il sogno, con un uso sapiente della prospettiva e delle ombre che invita lo spettatore a interrogarsi sulla realtà.Una curiosità sullo stile: Palumbo ama inserire nei suoi quadri elementi ricorrenti come barche volanti o teatri abbandonati, simboli di transizione e teatralità della vita. In un'intervista, ha rivelato che molte delle sue ispirazioni derivano da sogni ricorrenti, che annota al risveglio per trasformarli in arte . Questo approccio lo rende un "poeta visionario", come lo ha definito la critica, capace di trasformare il quotidiano in straordinario.Un Riconoscimento Meritata per un Artista in AscesaLa copertina del CAM 61 non è solo un traguardo, ma un'affermazione del posto di Ciro Palumbo tra i grandi dell'arte italiana contemporanea . Su Cafarotti.it, siamo orgogliosi di seguire artisti come lui, che continuano a innovare e ispirare. Se siete appassionati di arte metafisica, vi invitiamo a esplorare le sue opere e magari a contattarci per informazioni su acquisizioni o mostre. Restate connessi per altri aggiornamenti dal mondo dell'arte!Immagine di copertina: Dettaglio di un'opera di Ciro Palumbo, courtesy dell'artista.

 
Ciao a tutti, sono Roberto Cafarotti, artista contemporaneo che da anni esplora le pieghe dell'anima umana attraverso tele, installazioni e visioni che intrecciano realtà e sogno.
Benvenuti sul mio blog, qui su cafarotti.it, dove amo condividere non solo le mie creazioni, ma anche le storie che mi ispirano e mi accompagnano nel mondo effervescente dell'arte italiana. Oggi, voglio parlarvi di una persona speciale, un pilastro discreto e appassionato del nostro settore: Carlo Motta, Responsabile Editoriale del CAM – il Catalogo dell'Arte Moderna, edito da Editoriale Giorgio Mondadori per il Gruppo Cairo. Non è solo un professionista impeccabile, ma un amico vero, il cui sostegno ha segnato profondamente il mio percorso.
 
Ci conosciamo da tempo, Carlo e io, in quel intreccio di serate culturali, vernissage affollati e conversazioni che si allungano fino a notte fonda. La nostra amicizia è nata quasi per caso, durante un evento di Alfonso Borghi, dove le nostre passioni per l'arte moderna e contemporanea si sono incrociate come pennellate su una tela vuota. Da allora, è diventata un legame solido, fatto di stima reciproca e di quel supporto silenzioso che rende il mondo dell'arte un po' meno solitario. Carlo, con la sua visione acuta e il suo impegno instancabile per il CAM – quel volume leggendario nato nel 1962 da un'intuizione di Luigi Carluccio e Giulio Bolaffi, e oggi pilastro di riferimento per collezionisti, galleristi e artisti – rappresenta per me non solo un mentore, ma un compagno di viaggio che crede nel valore autentico della creatività.
 
Una delle cose che più mi lega a Carlo è il nostro scambio creativo, quasi un dialogo silenzioso attraverso le immagini. Spesso, mi capita di immortalare con la mia macchina fotografica i momenti magici dei suoi eventi: inaugurazioni vibranti, panel di discussione accesi dal dibattito, volti di artisti persi in pensieri profondi. Quelle foto, scattate con l'occhio di chi sa cogliere l'essenza effimera dell'arte, non rimangono mai solo mie. Carlo le ha sempre valorizzate, pubblicandole sui social network. E, quel che più mi riempie di gratitudine, lo fa sempre citandomi, Roberto Cafarotti, come l'autore di quelle immagini che catturano l'anima degli incontri. È un gesto semplice, ma potente: un riconoscimento che va oltre il professionale, che dice "la tua visione conta, fa parte di questa storia che costruiamo insieme". In un mondo dove l'arte si nutre di visibilità e connessioni, questi atti di generosità creano ponti invisibili, e io non posso che esserne commosso.
 
Ma il nostro legame va oltre le condivisioni digitali. Grazie a Carlo, e alla fiducia che ha riposto nel mio lavoro, sto per varcare una soglia che per ogni artista contemporaneo è un sogno: da questo dicembre, entrerò nel prossimo CAM come artista quotato. Immaginate: tra le oltre 900 pagine di quel catalogo ricco di illustrazioni, biografie e dati di mercato – un annuario che da sessant'anni fotografa il panorama dell'arte italiana, dal primo Novecento ai giorni nostri – ci sarà anche il mio nome, le mie opere esposte al giudizio e all'apprezzamento di un pubblico vasto e colto. È un'opportunità che Carlo ha reso possibile, con la sua curatela attenta e il suo ruolo di custode di talenti. Non è solo un inserimento editoriale; è un sigillo di legittimazione, un invito a far parte di una comunità che Carlo guida con passione e rigore. Per me, è il culmine di anni di ricerca e sperimentazione, reso possibile dall'amicizia di chi vede oltre le apparenze e scommette sull'essenza.
 
In un'epoca in cui l'arte contemporanea naviga mari tempestosi di mercati volatili e visioni digitali, figure come Carlo Motta sono faro e ancora. Il CAM, sotto la sua guida, non è solo un libro: è un ecosistema vivo, con il suo sito www.catalogoartemoderna.it e i social che pulsano di notizie, interviste e scoperte. E io, da amico e da artista, non posso che ringraziare per avermi accolto in questo flusso. Carlo, se leggi queste righe, sappi che la nostra amicizia è la tela più bella che potrei mai dipingere.E voi, cari lettori? Avete mai sfogliato un CAM o partecipato a uno degli eventi di Carlo? Condividete nei commenti le vostre storie d'arte e di amicizie che illuminano il cammino. Restate sintonizzati su cafarotti.it per altri racconti dal mio studio. A presto, con nuove creazioni e ispirazioni.
L’arte, in tutte le sue forme, è molto più di un mestiere o di un passatempo: è un modo di essere, un respiro dell’anima, un linguaggio universale che trascende il semplice atto di creare. Sul sito di Cafarotti.it, dove l’arte è celebrata come espressione autentica della creatività umana, vogliamo riflettere sulla necessità di vivere per dipingere, anziché dipingere per vivere. Questo approccio non solo ridefinisce il ruolo dell’artista, ma invita ciascuno di noi a riscoprire il valore profondo del creare.L’Arte come VocazionePer molti artisti, dipingere non è una scelta, ma una chiamata. È un fuoco interiore che brucia, un’urgenza di esprimere emozioni, visioni e pensieri che non possono essere contenuti. Vivere per dipingere significa abbracciare questa vocazione senza compromessi, lasciando che l’arte permei ogni aspetto della vita. È un invito a osservare il mondo con occhi nuovi, a cogliere la bellezza nei dettagli quotidiani – la luce che filtra tra le foglie, l’espressione fugace di uno sconosciuto, il ritmo di una città che pulsa. Ogni esperienza diventa materia prima per la creazione.Quando un artista vive per dipingere, l’atto creativo non è subordinato a necessità economiche o a pressioni esterne. Non si tratta di produrre per compiacere un pubblico o per soddisfare un mercato, ma di esplorare la propria interiorità e condividerla con il mondo. È un atto di coraggio, perché richiede di mettere a nudo la propria vulnerabilità, di accettare il rischio di non essere compresi, ma anche di trovare una connessione autentica con chi sa cogliere il messaggio.Dipingere per Vivere: Una Trappola ModernaNel mondo contemporaneo, la pressione di trasformare l’arte in una professione redditizia è sempre più forte. Il mercato dell’arte, le aspettative dei collezionisti, la competizione e la necessità di visibilità sui social media possono spingere gli artisti a “dipingere per vivere”, sacrificando la spontaneità e la libertà creativa. Questo approccio rischia di ridurre l’arte a un prodotto, svuotandola della sua essenza più autentica.Quando dipingere diventa un mezzo per sopravvivere, l’artista può trovarsi intrappolato in un ciclo di compromessi: creare opere che “vendono” anziché opere che rispecchiano la propria visione, seguire le tendenze del momento invece di esplorare nuovi territori. Questo non solo soffoca la creatività, ma può portare a un senso di alienazione, in cui l’artista si sente scollegato dalla propria missione originaria.Ritrovare l’EquilibrioVivere per dipingere non significa ignorare le realtà pratiche della vita. Gli artisti, come chiunque altro, devono affrontare bollette, affitti e responsabilità quotidiane. Tuttavia, il segreto sta nel trovare un equilibrio in cui l’arte rimanga il cuore pulsante dell’esistenza, non un mezzo per un fine. Questo può significare scegliere lavori che lascino spazio alla creatività, cercare comunità di artisti che condividano la stessa visione, o semplicemente dedicare momenti della giornata a creare senza aspettative.Sul sito di Cafarotti.it, celebriamo gli artisti che vivono per la loro arte, che trovano ispirazione in ogni istante e che trasformano il quotidiano in straordinario. Pensiamo a maestri come Vincent van Gogh, che dipingeva con un’intensità quasi ossessiva, spinto da un bisogno interiore più forte di qualsiasi riconoscimento esterno. O a Frida Kahlo, che ha trasformato il dolore fisico ed emotivo in opere di una potenza universale. Questi artisti non dipingevano per vivere: vivevano per dipingere, e le loro opere continuano a parlare al cuore di milioni di persone.Un Invito a TuttiVivere per dipingere non è un privilegio riservato agli artisti professionisti. È un invito a tutti noi a coltivare la creatività come parte integrante della nostra esistenza. Non serve essere un pittore per abbracciare questa filosofia: si tratta di vivere con consapevolezza, di trovare bellezza e significato nelle piccole cose, di esprimere ciò che ci rende unici. Che sia attraverso un dipinto, una poesia, una fotografia o un semplice gesto, l’arte ci ricorda che siamo vivi.Sul sito di Cafarotti.it, vogliamo ispirarvi a riscoprire questa passione, a fare dell’arte non solo un’attività, ma un modo di essere. Vivete per creare, lasciate che la vostra vita sia il vostro capolavoro. Perché, in fondo, dipingere per vivere è solo un’ombra di ciò che significa vivere per dipingere.
Immaginate un sussurro di pennellate che si fondono come sogni al tramonto, dove il colore non è solo pigmento, ma un respiro vivo, un velo di emozioni che si stratifica sulla tela come strati di memoria. Nella mia pratica artistica, negli studi di Bologna e Lugano circondati da libri polverosi, giradischi che gracchiano jazz e vecchi proiettori di diapositive che proiettano ombre danzanti, l'olio su tela è il mio alleato silenzioso. Non è solo una tecnica: è un ponte sospeso tra il Rinascimento e il caos del nostro tempo, un medium che cattura l'essenza effimera dell'arte contemporanea. Oggi, in questo spazio del mio blog, voglio portarvi in un viaggio originale attraverso la sua bellezza ipnotica, intrecciando aneddoti dimenticati e rivelando perché, nel 2025, questa antica alchimia resta il cuore pulsante della creatività.La Magia dell'Olio: Dove il Colore Danza con il TempoL'olio su tela non è un semplice strato di materia; è un'orchestra di luci e ombre che si compongono in sinfonie invisibili. Pensateci: i pigmenti, sospesi in un abbraccio oleoso, si asciugano lentamente, permettendo al pittore di ritrarsi, di correggere, di ascoltare il dipinto mentre prende vita. Questa lentezza è la sua bellezza segreta – un lusso nel mondo iperveloce dell'arte digitale, dove un click cancella tutto. Nella contemporaneità, dove l'astrazione incontra il figurativo in un turbine di pixel e installazioni, l'olio offre una tattilità primordiale: le pennellate si accumulano come cicatrici di un viaggio interiore, creando texture che invitano il tocco, il respiro ravvicinato. È come se la tela respirasse, assorbendo la luce e rimandandola in bagliori iridescenti, un dialogo eterno tra artista e spettatore.Io, Roberto Cafarotti, nato a Roma nell'agosto 1978, ho scoperto questa seduzione nei miei ritratti e paesaggi – come nella serie Life is a Game, esposta quest'anno alla Galleria Civica di Campione d'Italia, dove 17 tele in olio esplorano il gioco della vita con strati di colore che mimano il caso e il destino. L'olio mi permette di stratificare non solo pigmenti, ma storie: un velo di blu per la malinconia di un ricordo, un tocco di ocra per il calore di un'estate sarda a Villasimius. È questa versatilità che la rende immortale, un medium che ha attraversato secoli senza invecchiare, evolvendosi con l'arte moderna per abbracciare l'espressione personale e l'innovazione.Aneddoti dal Passato: Pittori che Hanno Danzato con l'OlioPer capire la profondità di questa tecnica, tuffiamoci in aneddoti che ne rivelano l'anima umana, quei momenti in cui l'olio non era solo colore, ma complice di genialità e follia.Prendete Vincent van Gogh, il tormentato olandese che, nel 1889, dipinse Notte Stellata in un manicomio di Saint-Rémy. Con pennellate vorticosi di olio su tela, catturò il cielo notturno come un turbine emotivo, usando la tecnica del impasto – accumuli spessi di colore – per far esplodere le stelle in un'esplosione di giallo e blu. Si dice che Van Gogh, ossessionato dalla luce, lavorasse di notte alla luce di una candela, mescolando il suo sudore al medium oleoso per infondere al quadro la febbre della sua mente. Quell'olio non asciugò mai del tutto: ancora oggi, le crepe nel dipinto raccontano la sua lotta interiore, un aneddoto che ci ricorda come questa tecnica custodisca l'impronta dell'artista, letteralmente.Oppure Pablo Picasso, il prodigio spagnolo che a soli otto anni realizzò il suo primo olio su tela, El Picador Amarillo, un torero giallo e audace che già profetizzava il cubismo futuro. L'aneddoto? Picasso, nascosto nel laboratorio del padre – anch'egli pittore – rubò i tubetti di olio e li sparse con la gioia di un bambino che inventa mondi, ignorando che quella tela grezza avrebbe segnato l'inizio di una rivoluzione. Oggi, in un'era di street art e NFT, quell'innocenza oleosa ci insegna che l'olio su tela è democratica: accessibile al genio bambino come al maestro maturo.E non dimentichiamo Caravaggio, il ribelle del Barocco, che nel 1593 dipinse Bacchino Malato con un realismo crudo che sconvolse Roma. L'aneddoto più piccante? Si narra che il modello fosse un giovane amico – forse un'amante – e che Caravaggio usasse l'olio per modellare la luce sul suo volto febbricitante, creando un chiaroscuro che anticipava la fotografia. Ma il dramma: il quadro fu rifiutato dal cardinale del Monte per "eccessiva sensualità", rivelando come l'olio, con la sua capacità di fondere toni e creare illusioni tattili, potesse scandalizzare e innovare allo stesso tempo.Questi racconti non sono reliquie polverose; sono semi piantati nella contemporaneità. Artisti come Gerhard Richter, che negli anni '60 sfregava strati di olio su tela per creare astrazioni sfocate – un "velo" che nasconde e rivela la realtà – o Jenny Saville, che accumula carne pittorica in olii carnosi per esplorare il corpo femminile, dimostrano che l'olio evolve. Richter, in un'intervista, confessò di amare come l'olio "perdoni gli errori", permettendo sovrapposizioni infinite, un metafora perfetta per l'arte di oggi, frammentata e multilayer.L'Importanza Eterna: Perché l'Olio Sopravvive nel Caos ContemporaneoNata nel XV secolo nei Paesi Bassi – grazie a maestri come Jan van Eyck, che perfezionò la miscela olio-linigros per un realismo senza precedenti – la tecnica ha rivoluzionato l'arte, passando dai ritratti fiamminghi alle esplosioni espressioniste. La sua importanza? Permette una profondità cromatica ineguagliabile: i colori si fondono senza bordi netti, creando illusioni ottiche e emotive che l'acrilico o il digitale faticano a eguagliare. Nella contemporaneità, dove l'arte affronta crisi identitarie e ambientali, l'olio su tela è un atto di resistenza: lento, organico, radicato nella terra (letteralmente, con i suoi pigmenti naturali). Come nota un esperto, ha influenzato l'arte moderna trasformando temi e espressioni, permettendo a pittori come Pollock di "drippare" emozioni in un caos controllato. Oggi, con il ritorno al tattile post-pandemia, l'olio è un rifugio: invita alla pazienza, alla riflessione, in un mondo di scroll infiniti.Un Invito a Giocare con i ColoriCari lettori, l'olio su tela non è un fossile museale; è un invito a sporcarsi le mani, a stratificare sogni sulla tela della vita. Nelle mie opere – dai fiori profumati ai ritratti cinematografici – continuo questa tradizione, mescolando il mio background ingegneristico con la poesia dell'immagine. Visitate il mio sito www.cafarotti.it per immergervi nelle mie tele, o unitevi a me alla prossima mostra. Chissà, forse troverete il vostro aneddoto personale in una pennellata.Grazie per aver condiviso questo viaggio.
Oggi, 9 luglio 2025, sono entusiasta di annunciare il lancio ufficiale del Progetto CAFA – Contemporary Art for All! Un’iniziativa che nasce dal mio desiderio di rendere l’arte contemporanea figurativa un’esperienza aperta a tutti, senza barriere, direttamente nelle città che amo visitare. Preparatevi a scoprire l’arte in luoghi inaspettati e a diventare parte di un movimento che cambierà il modo di vivere il collezionismo!
 
Cos'è il Progetto CAFA

CAFA (Contemporary Art for All) è un progetto unico nel suo genere. Come artista, ho sempre creduto che l’arte debba essere viva, condivisa e accessibile. Per questo, ho deciso di lasciare le mie opere figurative in angoli delle città che visito: una panchina in un parco, un muretto vicino a un caffè, un angolo di strada che cattura l’attenzione.Ogni opera è firmata, datata e accompagnata da un messaggio speciale in tre lingue:Complimenti per averla trovata! Puoi portare l’opera d’arte con te, Grazie a Roberto Cafarotti”.Un punto di contatto dell'acronimo sulle tre lingue italiano, inglese e francese, riguarda l'accessibilità a collezionare opere figurative.

  • Collezionare Arte Figurativa Accessibile
  • Collecting Accessible Figurative Art
  • Collectioner L’art Figuratif Accessible

Sul retro troverete il titolo, l’anno, la mia firma e i riferimenti al mio sito cafarotti.it e alla mia pagina Instagram. Se vorrete, potrete taggarmi e condividere la vostra scoperta con il mondo!La missione: democratizzare il collezionismo d’arteIl cuore di CAFA è semplice ma potente: l’arte è di tutti. Non serve essere un esperto o avere un grande budget per collezionare opere d’arte. Con CAFA, chiunque può diventare un collezionista, semplicemente passeggiando per la città e imbattendosi in una delle mie creazioni. Ogni opera lasciata in giro è un regalo, un invito a portare a casa un pezzo di arte contemporanea e a far parte di questa avventura.Il mio sogno? Che un giorno le opere di CAFA, trovate casualmente nelle strade, diventino oggetti ambiti dai collezionisti di tutto il mondo, simboli di un’arte libera e democratica.Come partecipare al Progetto CAFAPartecipare è facilissimo: tieni gli occhi aperti! Le opere di CAFA possono spuntare ovunque, in qualsiasi città io visiti. Se ne trovi una, è tua! Puoi portarla a casa, appenderla al muro o regalarla a qualcuno di speciale. Ma non finisce qui: condividi la tua scoperta! Scatta una foto, taggami su Instagram o visita cafarotti.it per raccontarmi dove e come hai trovato l’opera. Ogni storia è un tassello di questo progetto collettivo.Un movimento per l’arte e la creativitàCAFA non è solo un progetto, è un movimento. È un modo per portare l’arte fuori dalle gallerie e farla vivere tra le persone. È un invito a guardare il mondo con occhi nuovi, a trovare bellezza nei dettagli quotidiani e a celebrare la creatività in tutte le sue forme.Seguimi su Instagram e tieni d’occhio cafarotti.it per scoprire in quali città lascerò le prossime opere e per rimanere aggiornato sulle novità di CAFA. E chissà, magari la prossima opera sarà proprio dietro l’angolo!Unisciti a CAFA oggi!Sei pronto a diventare un collezionista di arte figurativa accessibile? Esci, esplora, e lasciati sorprendere. L’arte è là fuori, aspetta solo te.Tagga #ProgettoCAFA e condividi la tua scoperta!
Visita cafarotti.it e seguimi su Instagram per far parte di questa rivoluzione artistica.
Con arte e passione,
Roberto Cafarotti

L’arte ha il potere di affascinare, emozionare e, talvolta, sorprendere. È proprio questo il caso della scoperta fatta dall’artista Roberto Cafarotti, che ha rivelato l’identità celata dietro lo pseudonimo L. Anton, un nome che ha incuriosito collezionisti e appassionati d’arte per il suo anonimato volutamente enigmatico. Le descrizioni delle aste di L. Anton sottolineano come l’artista, scegliendo l’anonimato, abbia voluto aprire un nuovo capitolo creativo, invitando il pubblico a concentrarsi esclusivamente sulla bellezza intrinseca delle sue opere, senza il filtro dell’identità. Grazie alle indagini di Cafarotti, oggi sappiamo che L. Anton non è altri che Irina Biatturi, un’artista di straordinaria sensibilità il cui lavoro ha conquistato il panorama internazionale.

 

Chi è Irina Biatturi?

 

Irina Biatturi è una pittrice figurativa di origine bulgara, attualmente residente ad Antibes, nel cuore della Costa Azzurra, dove ha stabilito il suo atelier e centro creativo. Diplomata presso la prestigiosa Accademia di Belle Arti Nicolae Grigorescu (Unarte) di Bucarest, Irina ha dedicato la sua vita alla pittura sin dall’infanzia. La sua carriera l’ha portata a vivere in diversi paesi, tra cui Messico e Nuova Zelanda, esperienze che hanno arricchito il suo immaginario artistico. Da oltre vent’anni, la luce e l’atmosfera della Costa Azzurra sono diventate una fonte inesauribile di ispirazione per le sue opere, caratterizzate da un’eleganza senza tempo.

 

Le sue tele celebrano la figura femminile e la sensualità, intrecciando l’estetica raffinata dell’Art Deco con le forme organiche dell’Art Nouveau. I dipinti di Irina evocano l’atmosfera glamour dei “ruggenti anni Venti”, con donne eleganti, cappelli vintage e sfondi che catturano la bellezza del Mediterraneo. La sua tavolozza, dominata da sfumature di blu che riflettono il mare e il cielo della Costa Azzurra o le montagne delle Alpi, dona alle sue opere una sensazione di pace e serenità, invitando gli spettatori a immergersi in un’epoca di raffinatezza e nostalgia.

 

Premi e Riconoscimenti

 

Il talento di Irina Biatturi è stato ampiamente riconosciuto a livello internazionale. Nel 2023, ha conquistato sia il **Premio del Pubblico** che il prestigioso **Premio del Presidente** alla Biennale di Firenze, uno degli eventi più importanti nel panorama artistico globale. Nel 2024, il suo lavoro è stato ulteriormente celebrato quando è stata premiata come **migliore artista europea** al World Art Dubai, un riconoscimento che ha consolidato la sua reputazione come una delle voci più significative dell’arte contemporanea. Le sue opere sono state esposte in gallerie e musei prestigiosi, come il Palais de la Méditerranée a Nizza e il Masena Museum, e sono apparse su pubblicazioni di spicco come *Nice Matin*, *Vauban Magazine*, *COTE Magazine* e altre, oltre a essere utilizzate per copertine di libri di autori rinomati come Serena McLeen.

 

Le Opere di Irina Biatturi: Oli su Tela e Stampe Giclée

 

Le opere di Irina Biatturi sono molto ambite dai collezionisti, non solo per la loro bellezza estetica, ma anche per la loro capacità di trasformare gli spazi in cui sono esposte. I suoi **dipinti a olio su tela**, spesso di dimensioni generose (come 80x100 cm o 100x100 cm), sono venduti a prezzi che oscillano tra **7.000 e 10.000 euro**, a seconda delle dimensioni e della complessità dell’opera. Queste tele, che catturano ritratti di donne eleganti su sfondi mediterranei o montani, sono considerate veri e propri pezzi da collezione, presenti in numerose raccolte private in tutto il mondo.

 

Parallelamente, le **stampe giclée** di Irina Biatturi stanno riscuotendo un enorme successo tra un pubblico più ampio, grazie alla loro qualità impeccabile e al prezzo più accessibile, che varia tra **1.000 e 2.000 euro** a seconda della tiratura e del formato. Queste stampe, realizzate con una tecnica che garantisce colori vividi e dettagli fedeli agli originali, permettono agli appassionati di portare l’eleganza dell’Art Deco di Irina nelle loro case, uffici o spazi pubblici, come hall di hotel di lusso. La popolarità delle stampe giclée è testimoniata anche dai commenti entusiasti dei collezionisti, che lodano la capacità di queste opere di “trasformare gli ambienti” e portare un’atmosfera di raffinatezza e calore.

 

L’Indagine di Roberto Cafarotti

 

Roberto Cafarotti, artista e collezionista appassionato, ha intrapreso un viaggio per scoprire l’identità di L. Anton, un nome che aveva catturato l’attenzione del mondo dell’arte per il suo mistero. Le opere firmate Anton, presentate alle aste con descrizioni che sottolineavano l’anonimato come una scelta artistica, si distinguevano per la loro eleganza e per il richiamo all’Art Deco, caratteristiche che Cafarotti ha riconosciuto come affini allo stile di Irina Biatturi.

Attraverso un’attenta analisi delle opere, delle tecniche e delle influenze stilistiche, Cafarotti è riuscito a collegare L. Anton a Irina Biatturi, confermando che l’artista aveva adottato lo pseudonimo per esplorare un nuovo percorso creativo, svincolato dalla sua identità pubblica. Questa scoperta non solo ha risolto un enigma artistico, ma ha anche messo in luce la straordinaria versatilità di Irina, capace di reinventarsi senza perdere la sua essenza.

 

Un’Artista che Trascende l’Identità

 

La scelta di Irina Biatturi di firmare alcune opere come Anton riflette la sua convinzione che l’arte debba parlare attraverso la sua bellezza, indipendentemente dall’identità dell’artista. Tuttavia, la rivelazione della sua identità non fa che accrescere il fascino del suo lavoro. Le sue tele e stampe continuano a incantare collezionisti e amanti dell’arte, trasportandoli in un mondo di eleganza, luce e glamour senza tempo.

 

Se desideri scoprire di più sulle opere di Irina Biatturi, puoi visitare il suo sito ufficiale www.biatturi.com o seguire i suoi ultimi lavori su Instagram (@Irina_Biatturi). Le sue esposizioni, come quella al Palais de la Méditerranée, offrono un’esperienza unica per immergersi nella magia della Costa Azzurra e dell’Art Deco.

 

Questo articolo celebra non solo il talento di Irina Biatturi, ma anche la curiosità e la dedizione di Roberto Cafarotti, che ha permesso di svelare un mistero artistico, regalando al pubblico una nuova prospettiva su un’artista straordinaria.

 

Remo Brindisi (1918-1996) è stato un pilastro dell’arte italiana del Novecento, un pittore visionario, collezionista appassionato e fondatore della Casa Museo a Lido di Spina. La sua vita e il suo lavoro trovano sorprendenti punti di contatto con l’artista emergente Roberto Cafarotti, fondatore della Galleria Equarte, un progetto innovativo che promuove l’uguaglianza tra gli artisti e riflette il suo ruolo di collezionista. Questo articolo esplora la vita, le opere e i periodi di Brindisi, il processo di autenticazione delle sue opere, la sua Casa Museo e le similitudini con Cafarotti, evidenziando come entrambi abbiano rivoluzionato il rapporto tra arte, collezionismo e comunità.

 

La Vita di Remo Brindisi

 

Nato a Roma nel 1918, Remo Brindisi crebbe tra Penne (Pescara), L’Aquila e Roma, formandosi presso la Scuola d’Arte di Urbino. La sua carriera lo portò a Firenze, Venezia e Milano, dove divenne una figura centrale del panorama artistico post-bellico. La sua prima mostra personale, nel 1940 a Firenze, segnò l’inizio di un percorso caratterizzato da un forte impegno sociale e da un dialogo costante con le avanguardie. Brindisi, docente e intellettuale, intrecciò relazioni con artisti come Giorgio Kaisserlian e Gianni Dova, costruendo una rete che alimentò la sua visione dell’arte come esperienza collettiva e accessibile.

 

Le Opere e i Periodi Artistici di Brindisi

 

Il percorso artistico di Brindisi si distingue per la sua capacità di attraversare stili e correnti, sempre con un’attenzione alla condizione umana:

 

1. Anni ’40: Realismo Sociale

   Le prime opere di Brindisi, come i ritratti donati al Comune di Portomaggiore, riflettono un realismo impegnato, influenzato dal clima post-bellico. La sua pittura, drammatica e lirica, affrontava temi di lotta e identità collettiva.

 

2. Anni ’50-’60: Espressionismo e Post-Cubismo

   A Milano, Brindisi sviluppò uno stile espressionista, con forme deformate e colori intensi, come in *Donna con capra*. Influenzato da correnti come il post-cubismo, esplorò i conflitti urbani e sociali con un linguaggio visivo potente.

 

3. Anni ’70 e Oltre: Astrattismo e Minimalismo  

   Negli ultimi decenni, Brindisi si avvicinò all’astrattismo geometrico e al minimalismo, dialogando con lo Spazialismo e il Movimento Nucleare. Le sue opere, presenti in musei come il MAMbo di Bologna e la Galleria Aroldo Bonzagni di Cento, testimoniano una continua sperimentazione.

 

Autenticazione delle Opere di Brindisi

 

L’autenticazione delle opere di Brindisi è un processo complesso, data la sua vasta produzione e la presenza di falsi sul mercato. La Casa Museo Remo Brindisi, con il suo archivio e la fototeca, è il principale punto di riferimento per la verifica. Gli esperti utilizzano:  

- Provenienza: Documenti come fatture o lettere autografe.  

- Analisi Stilistica: Confronto con opere certificate, valutando tecniche e materiali.  

- Archivio: Cataloghi e annotazioni conservati nella Casa Museo.  

Collezionisti sono invitati a collaborare con il museo o esperti qualificati per garantire l’autenticità, evitando il rischio di falsificazioni.

 

La Casa Museo Remo Brindisi: Un’Opera d’Arte Totale

La Casa Museo, situata a Lido di Spina (Comacchio, Ferrara), è un capolavoro progettato tra il 1971 e il 1973 dall’architetta Nanda Vigo. Con il suo design modernista, fatto di linee essenziali, superfici bianche e un cilindro centrale, rappresenta un “museo abitabile” che integra arte, architettura e design. La struttura riflette la visione di Brindisi di un’arte accessibile, dove pittura, scultura e vita quotidiana si fondono.

 

Brindisi Collezionista

Brindisi fu un collezionista straordinario, accumulando circa 1.100-2.000 opere di maestri del Novecento, esposte nella Casa Museo. La sua collezione include:  

- Primo Novecento: Boccioni, Balla, Sironi, de Pisis, Martini.  

- Secondo Novecento: Fontana (con un monumentale graffito), Baj, Schifano, Warhol, Klein, Pollock, Picasso, Ernst.  

- Sculture: Moore, Giacometti, Melotti, Ceroli.  

- Design: Pezzi di Vigo, Munari, Castiglioni, Magistretti.  

 

La sua collezione, frutto di relazioni personali e sacrifici economici, riflette un approccio eclettico, con un focus su correnti come Spazialismo, Pop Art e Nouveau Réalisme. La Casa Museo, donata al Comune di Comacchio dopo la sua morte nel 1996, è oggi un “Museo di Qualità” che invita i visitatori a immergersi in un’esperienza artistica unica.

 

Similitudini con Roberto Cafarotti e la Galleria Equarte

Roberto Cafarotti, artista emergente e fondatore della Galleria Equarte, condivide con Brindisi una visione rivoluzionaria dell’arte e del collezionismo. Le similitudini tra i due sono evidenti in diversi aspetti:

 

1. Collezionismo come Missione

   Come Brindisi, Cafarotti è un collezionista appassionato, che vede nell’arte non solo un’espressione individuale, ma un dialogo tra epoche e stili. Mentre Brindisi raccolse opere di maestri come Fontana e Warhol, Cafarotti si dedica a scoprire talenti emergenti, costruendo una collezione che valorizza la diversità e l’innovazione. Entrambi considerano il collezionismo un atto di responsabilità culturale, un modo per preservare e promuovere l’arte.

 

2. Spazi Innovativi per l’Arte

   La Casa Museo di Brindisi e la Galleria Equarte di Cafarotti sono progetti visionari che rompono con la concezione tradizionale del museo o della galleria. La Casa Museo, con il suo design integrato, è un luogo dove l’arte si vive; allo stesso modo, Equarte si basa sul principio che “ogni artista è uguale all’altro”, promuovendo un modello democratico che elimina gerarchie tra artisti affermati ed emergenti. Entrambi gli spazi riflettono un’etica di accessibilità e condivisione.

 

3. Impegno per la Comunità Artistica

   Brindisi, con le sue relazioni con artisti e critici, creò una rete che alimentò il panorama artistico milanese. Cafarotti, con Equarte, costruisce una comunità in cui artisti di diversa provenienza collaborano, condividendo idee e visioni. Entrambi vedono l’arte come un’esperienza collettiva, capace di unire persone e culture.

 

4. Sperimentazione e Apertura alle Avanguardie

   Brindisi attraversò realismo, espressionismo e astrattismo, dialogando con le avanguardie del suo tempo. Cafarotti, pur essendo un artista contemporaneo, mostra una simile apertura, esplorando nuove modalità espressive e sostenendo artisti che sfidano le convenzioni. La sua Galleria Equarte è un laboratorio di sperimentazione, come lo fu la Casa Museo per Brindisi.

 

5. Visione Democratica dell’Arte

   La Casa Museo di Brindisi era pensata per essere un luogo aperto a tutti, non un’élite. Allo stesso modo, la missione di Equarte di trattare ogni artista come “uguale” riflette un’etica democratica che rifiuta le logiche di mercato tradizionali, promuovendo un’arte inclusiva e accessibile.

 

Conclusione

 

Remo Brindisi e Roberto Cafarotti, pur appartenendo a epoche diverse, condividono una visione dell’arte come forza trasformativa, capace di unire creazione, collezionismo e comunità. La Casa Museo di Brindisi, con la sua collezione e il suo design rivoluzionario, trova un’eco nella Galleria Equarte di Cafarotti, un progetto che celebra l’uguaglianza e l’innovazione. Entrambi, attraverso le loro opere e i loro spazi, ci ricordano che l’arte non è solo un oggetto, ma un’esperienza viva che appartiene a tutti.

 

Per visitare la Casa Museo Remo Brindisi: Via Nicolò Pisano, 51, Lido di Spina, FE (su prenotazione). Per scoprire di più su Roberto Cafarotti e la Galleria Equarte, seguite gli aggiornamenti sui canali ufficiali della galleria.

 

 

Fonti:

- www.casamuseoremobrindisi.it 

 

Lucio Diodati, nato nel 1955 a Popoli, un pittoresco borgo sulle colline abruzzesi, è un artista che ha fatto della pittura un linguaggio universale per celebrare la bellezza, la femminilità e la gioia di vivere. La sua carriera, ricca di esposizioni internazionali e di una poetica inconfondibile, si intreccia con una vita vissuta intensamente, tra viaggi, incontri e profonde amicizie, come quella con l’artista Roberto Cafarotti. Questo articolo esplora il percorso di Diodati, le sue opere vibranti e il legame speciale con Cafarotti, nato in pomeriggi di chiacchiere sullo sfondo del suo studio a Popoli.
La Vita di Lucio Diodati: Dalle Colline Abruzzesi a L’Avana
Lucio Diodati scopre la passione per la pittura già durante il liceo, quando inizia a creare le sue prime opere. La sua formazione artistica si consolida nel 1975, con un corso di scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di L’Aquila, un’esperienza che lo introduce ufficialmente nel mondo dell’arte. Il punto di svolta arriva nel 1999, con l’incontro con il gallerista Gennaro Fiume, che lo invita a esporre nella sua galleria a Roma, aprendo le porte a una carriera internazionale.
Le prime opere di Diodati si concentrano sulla natura, con campi fioriti dipinti con colori primari e uno stile che richiama la semplicità e la vitalità del paesaggio abruzzese. Tuttavia, a partire dal 1985, con il dipinto Amiche, le donne diventano le protagoniste assolute della sua arte. Corpi femminili stilizzati, abiti retrò e colori accesi raccontano storie di sensualità, ironia e innocenza. Nel 2002, un viaggio a L’Avana segna un’altra svolta: la città cubana diventa una seconda casa, una fonte inesauribile di ispirazione che infonde nelle sue tele i sorrisi e i colori vibranti delle donne cubane.
Oggi, a settant’anni, Diodati non ha perso la sua energia creativa. Nonostante trascorra molte ore in bicicletta, percorrendo chilometri attraverso le colline di Popoli, la pittura rimane il cuore pulsante della sua vita. Recentemente, ha ripreso a lavorare con l’olio su tela, una tecnica che gli permette di esplorare nuove sfumature della sua poetica.
Le Opere: Un Palcoscenico di Donne e Colori
Le tele di Lucio Diodati sono come sipari di un teatro immaginario, dove le figure femminili dominano la scena con una presenza scenografica e magnetica. Le sue donne, spesso rappresentate senza sfondo, sembrano fluttuare in un tempo sospeso, con espressioni che oscillano tra lo stupore e un’ironica malizia. I loro cappellini bizzarri, le scollature audaci e gli sguardi curiosi sono dipinti con una palette cromatica vivace, che richiama il calore del Mediterraneo e l’esuberanza di Cuba.
Diodati utilizza un linguaggio pittorico che mescola elementi cubisti e scenografici, con volumetrie cromatiche che occupano lo spazio della tela in modo quasi tridimensionale. La luce diretta e solare illumina le sue figure, accentuandone l’espressività. Tra i personaggi maschili, spicca Arlecchino, una figura enigmatica con il volto mascherato, che sembra entrare in punta di piedi nelle scene dominate dalle donne, aggiungendo un tocco di mistero.
Le sue opere, esposte in città come New York, Londra, Barcellona e L’Avana, sono un inno alla gioia di vivere, ma anche una riflessione sottile sulla condizione umana. Come scrive il critico Franco Corrado, l’arte di Diodati sottolinea “l’indelebile simbioticità del rapporto uomo-donna” con un pizzico di ironia.
L’Amicizia con Roberto Cafarotti: Pomeriggi di Arte e Vita
Tra le relazioni più significative della vita di Diodati c’è l’amicizia con Roberto Cafarotti, un artista contemporaneo che, pur avendo una formazione diversa (è ingegnere ed esperto di marketing), condivide con lui la passione per la pittura e la narrazione visiva. Cafarotti, nato a Roma e poco più che quarantenne, ha incontrato Diodati a Popoli, un momento che ha segnato profondamente il suo percorso artistico. Da quel giorno, i due hanno trascorso interi pomeriggi nel piccolo studio di Diodati, immersi in conversazioni sull’arte, la vita e la bellezza della figura umana.
Cafarotti racconta di aver appreso da Diodati “l’importanza della figura” nella pittura, un elemento centrale nella poetica di entrambi. Le loro chiacchiere, spesso accompagnate da un bicchiere di vino abruzzese, spaziavano dai segreti della tecnica pittorica alle riflessioni sulla società contemporanea. Questi incontri non erano solo uno scambio artistico, ma un momento di connessione umana profonda, in cui i due artisti si confrontavano con sincerità e apertura.
L’Incontro a Popoli: Lo Studio, la Barista e la Bicicletta
Una visita a Popoli non può che includere un passaggio nello studio di Lucio Diodati, un luogo che riflette la sua personalità: caotico, colorato e pieno di vita. È qui che ho avuto il privilegio di incontrarlo. Lo studio, con le sue tele sparse e i pennelli ancora intrisi di colore, è un microcosmo dove l’arte prende forma. Diodati, con il suo sorriso caloroso, mi ha accolto raccontando aneddoti della sua carriera e mostrando alcune delle sue ultime opere ad olio su tela.
Dopo un pomeriggio di chiacchiere, Lucio ha insistito per portarmi in giro per Popoli, un rituale che ama ripetere per “farsi vedere dagli amici”. La passeggiata mi ha condotto in un piccolo bar del paese, dove mi ha presentato con entusiasmo la sua “musa”: la barista. Con un misto di ironia e affetto, ha descritto come questa donna, con il suo sorriso e la sua autenticità, incarni lo spirito delle figure femminili che popolano le sue tele. È stato un momento che ha rivelato il lato più umano di Diodati, un artista che trova ispirazione non solo nei grandi musei, ma anche nella semplicità della vita quotidiana.
Oggi, Diodati alterna la pittura alle lunghe pedalate in bicicletta, un’attività che lo tiene in contatto con la natura e gli dona nuova energia creativa. “La bicicletta mi libera la mente, proprio come dipingere,” ci ha confessato, con un luccichio negli occhi. Nonostante i chilometri percorsi, non ha mai trascurato la sua passione per l’arte, tornando con rinnovato entusiasmo all’olio su tela, una tecnica che gli permette di esprimere la sua visione con maggiore profondità.
Conclusione: Un Artista che Celebra la Vita
Lucio Diodati è molto più di un pittore: è un narratore di sogni, un celebratore della bellezza femminile e un amico sincero. La sua arte, con le sue donne solari e i colori vibranti, invita a guardare il mondo con occhi pieni di meraviglia. L’amicizia con Roberto Cafarotti, nata tra le mura del suo studio a Popoli, è un esempio di come l’arte possa unire le persone, creando legami che vanno oltre la tela.
Visitare Popoli, passeggiare con Diodati e scoprire la sua musa barista è stato un viaggio nella sua essenza, quella di un uomo che vive l’arte con passione e generosità. Mentre pedala sulle colline abruzzesi, continua a dipingere il mondo con i suoi colori, ricordandoci che la vera opera d’arte è la vita stessa.
Paolo da San Lorenzo (1935-2022) è stato uno degli artisti marchigiani più affascinanti e poliedrici del panorama contemporaneo, un pittore che ha saputo coniugare un’eredità post-cubista con un’espressività unica, capace di catturare l’attenzione di collezionisti in tutto il mondo. Nato a San Lorenzo in Campo, in provincia di Pesaro e Urbino, Paolo Eutizi – questo il suo vero nome – ha lasciato un’impronta indelebile nell’arte del XX e XXI secolo, grazie alla sua visione eclettica e alla sua incessante ricerca di emozioni attraverso il colore e la forma. Questo articolo esplora la sua storia, la sua tecnica, il presunto legame con Pablo Picasso, i suoi soggetti iconici, la vita privata, le sue passioni, il suo studio a Fabriano e l’ampio seguito di collezionisti internazionali.
La Storia di Paolo da San Lorenzo: Un Viaggio tra Italia e il Mondo
Paolo da San Lorenzo nasce nel 1935 in un piccolo borgo delle Marche, San Lorenzo in Campo, un luogo che rimarrà sempre un punto di riferimento nella sua vita e nella sua arte. Dopo una formazione internazionale, che lo vede trasferirsi a Parigi nei primi anni ’60, Paolo inizia il suo percorso pittorico immergendosi nel fermento culturale della capitale francese, all’epoca epicentro delle avanguardie artistiche. È qui che, secondo alcune fonti, avrebbe avuto un contatto con l’eredità di Pablo Picasso, anche se non esistono prove documentali che confermino un rapporto diretto di allievo-maestro. Tuttavia, l’influenza del Cubismo e del Post-Cubismo è evidente nelle sue opere, caratterizzate da una frammentazione delle forme e da un uso audace del colore, che richiama la rivoluzione estetica di Picasso e Braque.
Tornato in Italia nel 1962, Paolo si stabilisce a Fabriano, città nota per la sua tradizione artistica e cartaria, dove apre il suo studio. Qui, la sua carriera decolla attraverso mostre personali e collettive in numerose città italiane, come Roma, Milano e Firenze. La sua fama si espande rapidamente oltre i confini nazionali, grazie alle esposizioni organizzate dalla Galleria Palma Arte in città come Stoccolma, Nizza, Parigi, Dijon, Rouen, fino a mete esotiche come Tahiti e l’Australia. Nel 1995, riceve il prestigioso premio alla carriera “Art e Works” a Melbourne, e dal 1998 il suo nome è inserito nell’annuario Acca in Arte. Tra i traguardi più significativi, spiccano la collaborazione con la JMA Gallery di Vienna nel 2001 e le esposizioni al Museo d’Arte Moderna Moya di Vienna (2008) e al China World Trade Center Exhibition Hall di Pechino (2010).
La Tecnica: Un Caos Controllato di Colore e Forma
La pittura di Paolo da San Lorenzo è un’esplosione di vitalità, dove il colore e la forma si fondono in una danza apparentemente caotica ma profondamente meditata. La sua tecnica si evolve dal Post-Cubismo, con una chiara ispirazione alla scomposizione delle figure tipica di Picasso, ma si arricchisce di un’originalità che riflette la sua personalità inquieta e ribelle. Paolo utilizza colori vivaci, spesso stesi con pennellate energiche e apparentemente casuali, che creano composizioni dinamiche e ricche di movimento. Le sue tele non seguono schemi ripetitivi, ma si rinnovano costantemente, spaziando tra astrattismo e figurazione.
Uno degli elementi distintivi della sua tecnica è l’uso del colore come mezzo per esprimere emozioni profonde. Nei suoi dipinti, il colore non è mai decorativo, ma diventa il veicolo di un dialogo intimo con lo spettatore, evocando stati d’animo che oscillano tra l’entusiasmo e l’inquietudine. Quando la figura umana emerge come protagonista, spesso è la donna a occupare il centro della scena, rappresentata come il “motore del mondo”, un simbolo di forza e seduzione che attraversa molte delle sue opere.
Il Legame con Picasso: Influenza o Leggenda?
Nonostante il riferimento a Paolo come “allievo di Picasso” sia spesso citato, non ci sono prove storiche che confermino un rapporto diretto con il maestro spagnolo. È più probabile che Paolo abbia assorbito l’eredità cubista durante il suo soggiorno a Parigi, dove l’influenza di Picasso era ancora palpabile negli ambienti artistici. La scomposizione delle forme, l’uso di prospettive multiple e l’attenzione alla frammentazione degli oggetti richiamano il Cubismo, ma Paolo rielabora questi elementi in chiave personale, aggiungendo un’impronta emotiva e un’energia che riflettono il suo spirito ribelle. Sebbene non sia stato un allievo diretto, la sua arte può essere vista come un omaggio al rivoluzionario approccio di Picasso, adattato al contesto contemporaneo e arricchito dalla sensibilità marchigiana.
I Soggetti Iconici: Chitarrista, Acquario, Gitane, Portali
I soggetti di Paolo da San Lorenzo sono un riflesso della sua visione poliedrica e del suo legame con il mondo reale e immaginario. Tra i temi ricorrenti troviamo:
  • Chitarrista: Come in molte opere cubiste, la figura del chitarrista è un omaggio alla musica, simbolo di armonia e creatività. Paolo ne offre una reinterpretazione personale, frammentando la figura in piani geometrici e arricchendola con colori vivaci che suggeriscono il ritmo e l’energia della musica.
  • Acquario: L’acquario rappresenta un microcosmo, un mondo chiuso ma vibrante di vita. Nei dipinti di Paolo, i pesci e le forme acquatiche si muovono in uno spazio fluido, dove il colore crea un effetto di trasparenza e movimento, evocando un senso di libertà e mistero.
  • Gitane: Le figure di gitane, con il loro fascino esotico e la loro aura di libertà, sono un tema caro a Paolo. Queste donne, spesso rappresentate con abiti colorati e pose sinuose, incarnano l’idea di una femminilità potente e indipendente, un motivo ricorrente nella sua poetica.
  • Portali: I portali sono un simbolo di passaggio, di transizione tra mondi fisici e spirituali. Nelle opere di Paolo, questi elementi architettonici assumono una dimensione quasi metafisica, con colori intensi e forme che si intrecciano, invitando lo spettatore a esplorare l’ignoto.
Questi soggetti non sono mai rappresentati in modo realistico, ma vengono scomposti e ricostruiti attraverso il linguaggio post-cubista, creando un equilibrio tra astrazione e narrazione.
Vita Privata: Un Uomo Inquieto e Appassionato
Paolo da San Lorenzo era un uomo dal carattere complesso, descritto come “inquieto, irriverente e poco incline ad accettare il grigiore quotidiano”. La sua vita privata riflette questa natura ribelle: prima di dedicarsi completamente alla pittura, Paolo si occupa della lavorazione del cuoio, avviando una produzione di borse che gli permette di finanziare i suoi primi passi nell’arte. La sua passione per le scommesse, in particolare sulle corse dei cavalli, è un aspetto meno noto ma significativo della sua personalità. Questa inclinazione riflette il suo bisogno di adrenalina e di sfida, un tratto che si ritrova anche nella sua arte, sempre alla ricerca di un “impatto con la vita” che lo emozionasse.
Nonostante il suo successo internazionale, Paolo rimane profondamente legato alla sua terra d’origine. A Fabriano, il suo studio diventa un punto di riferimento per estimatori e collezionisti, che arrivano da ogni parte d’Italia e del mondo per ammirare le sue opere. La sua umiltà e schiettezza, ricordate dal sindaco di San Lorenzo in Campo, Davide Dellonti, lo rendono una figura amata nella sua comunità, dove viene celebrato come un “maestro del colore”. Un incidente stradale a Fabriano segna un punto di svolta nella sua vita, portandolo a ridurre gradualmente la sua produzione artistica negli ultimi anni, fino a sospenderla del tutto.
Lo Studio di Fabriano: Un Cenacolo d’Arte
Lo studio di Paolo a Fabriano è molto più di un semplice atelier: è un luogo di incontro, un cenacolo dove si riuniscono amici, artisti e collezionisti. Situato nella città marchigiana famosa per la sua tradizione cartaria, lo studio è il cuore pulsante della sua creatività. Qui, Paolo dà vita alle sue tele, sperimentando con colori e tecniche che riflettono il suo spirito eclettico. Lo studio attira un pubblico internazionale, con estimatori che arrivano da ogni angolo del mondo per acquistare le sue opere o semplicemente per dialogare con l’artista. Tra i suoi ammiratori, il collezionista fanese Massimo Bonifazi conserva ben dodici tele, testimonianza della stima che Paolo riscuoteva.
Collezionisti in Tutto il Mondo: Un Successo Globale
L’arte di Paolo da San Lorenzo ha conquistato un pubblico vastissimo, con collezionisti sparsi in Europa, Australia, Asia e oltre. La sua capacità di parlare un linguaggio universale, unendo l’eredità del Cubismo a una sensibilità contemporanea, ha reso le sue opere appetibili per un mercato internazionale. Mostre come quelle di Vienna, Pechino e Melbourne hanno consolidato la sua reputazione, mentre la collaborazione con gallerie prestigiose come la JMA Gallery e la Palma Arte ha ampliato il suo raggio d’azione. Le sue tele, spesso di grande formato e ricche di colore, sono oggi custodite in collezioni private e pubbliche, simbolo di un’arte che continua a emozionare e provocare.
L’Eredità di Paolo da San Lorenzo
Paolo da San Lorenzo ci ha lasciato nel gennaio 2022, a Lecce, dove si era trasferito negli ultimi anni della sua vita. La sua scomparsa ha segnato la perdita di un artista che ha saputo portare il nome delle Marche nel mondo, con un linguaggio pittorico che unisce tradizione e innovazione. La sua eredità vive nelle sue opere, nelle storie dei suoi soggetti e nella passione che ha animato ogni pennellata. Come disse il sindaco Dellonti, Paolo è stato “una personalità artistica e umana di grande spessore”, capace di lasciare un segno indelebile non solo nella sua comunità, ma in tutto il panorama artistico internazionale.
La sua pittura, provocatoria e vibrante, continua a parlare a chi cerca nell’arte un’esperienza che scuota l’anima, un invito a guardare il mondo attraverso gli occhi di un artista che non si è mai accontentato del grigiore quotidiano.
Fonti:
Celebriamo oggi la straordinaria carriera di Alfonso Borghi, un maestro dell’arte contemporanea italiana, la cui ricerca espressiva ha attraversato decenni, spaziando dalla pittura alla scultura con un’energia creativa inesauribile. Accanto a questa celebrazione, vogliamo mettere in luce il profondo rapporto di collaborazione e amicizia che lega Borghi a Roberto Cafarotti, un legame tra due artisti di generazioni diverse, uniti da una stima reciproca e da una passione condivisa per l’arte.
Gli Inizi: Una Vocazione Precoce
Nato nel 1944 a Campegine, in provincia di Reggio Emilia, Alfonso Borghi si avvicina alla pittura in giovanissima età. A soli 18 anni, grazie al supporto di un collezionista, espone per la prima volta le sue opere, un debutto che segna l’inizio di una carriera lunga e prolifica. Durante un breve soggiorno a Parigi, Borghi entra in contatto con l’arte di Picasso e il Cubismo, influenze che segnano profondamente la sua formazione. Tornato in Italia, l’incontro con George Pielmann, allievo di Oskar Kokoschka, lo spinge verso una ricerca espressionista, che diventerà uno dei tratti distintivi del suo lavoro.
Negli anni ’60 e ’70, Borghi sviluppa un linguaggio pittorico caratterizzato da una figurazione che si evolve verso l’astrazione. La sua capacità di semplificare le forme, mantenendo una forte carica poetica, lo porta a esplorare temi universali come la memoria, l’emozione e il rapporto tra uomo e natura. Le sue tele, spesso di grandi dimensioni, si distinguono per l’uso vibrante del colore e per una gestualità che trasmette energia e vitalità.
L’Evoluzione: Dall’Espressionismo all’Astrattismo
Negli anni ’80, Borghi approfondisce la sua ricerca verso l’astrattismo, un percorso che lo vede semplificare progressivamente le forme figurative per approdare a composizioni astratte di grande impatto emotivo. Come descritto sul sito alfonsoborghi.it, “il qualificarsi della forma astratta, nel corso di semplificazione figurativa già in atto nel lavoro di Borghi, costituisce l’approdo ultimo di una ricerca che non conosce soluzione di continuità nel suo farsi in termini di poesia.”
Parallelamente alla pittura, Borghi si dedica all’arte plastica, lavorando materiali come il vetro, la ceramica e il bronzo. Le sue sculture, che danno una dimensione tridimensionale alle sue visioni pittoriche, sono un esempio della sua versatilità e del suo desiderio di spingersi oltre i confini della tela. Mostre come quella alla Fondazione Mudima di Milano (2023), intitolata I colori raccontano, hanno messo in evidenza questa capacità di tradurre emozioni in forme e colori, sia su tela che in scultura.
Una Carriera Internazionale
La carriera di Borghi è costellata di esposizioni prestigiose in Italia e all’estero. Da Milano a Parigi, da New York a Tokyo, le sue opere hanno conquistato collezionisti e critici per la loro forza espressiva e la loro capacità di raccontare storie universali. Il suo lavoro è stato celebrato in contesti come la Biennale Istituzionale d’Arte, dove è stato riconosciuto tra i maestri del panorama contemporaneo italiano, accanto a nomi come Botero, Nunziante e Lodola.
Le sue tele, spesso realizzate con tecniche miste, come l’opera Presso Campigno (2005, tecnica mista su tela, 50x70 cm), mostrano una padronanza tecnica e una sensibilità cromatica che hanno fatto lievitare le sue quotazioni nel mercato dell’arte. Le sue opere sono presenti in collezioni private e pubbliche, e il suo nome è sinonimo di innovazione e poesia visiva.
Il Legame con Roberto Cafarotti: Un’Amicizia Artistica
Dal 2019, Alfonso Borghi ha trovato in Roberto Cafarotti non solo un collaboratore prezioso, ma un vero e proprio compagno di viaggio artistico. Cafarotti, artista romano noto per le sue opere espressioniste che catturano attimi di vita quotidiana con una sensibilità unica, ha assunto un ruolo di rilievo nella carriera di Borghi, assistendolo nell’organizzazione di mostre in diverse città italiane e contribuendo alla diffusione della sua opera.
Questo rapporto va oltre la semplice collaborazione professionale: è un’amicizia basata sulla stima reciproca e su una visione condivisa dell’arte come espressione della “voce interiore”. Cafarotti, come riportato sul suo sito, descrive il suo mentore Borghi come una figura ispiratrice, che lo ha spronato a proseguire nella sua ricerca espressionista, con particolare attenzione alla figura femminile e ai momenti fugaci della vita quotidiana.
Borghi, a sua volta, apprezza l’approccio di Cafarotti, che definisce “tecnicamente rigoroso” e capace di “cogliere l’attimo”. Le opere di Cafarotti, spesso ispirate a scene intime come una partita a carte o una tavola apparecchiata, riflettono un amore per la vita e una proporzione che derivano da un percorso di studi tecnico, ma anche da una sensibilità che trova eco nell’espressionismo di Borghi.
Due Generazioni, Una Passione
Ciò che rende speciale il legame tra Borghi e Cafarotti è la capacità di unire due generazioni di artisti in un dialogo creativo. Borghi, con i suoi oltre sessant’anni di carriera, rappresenta la tradizione e l’innovazione dell’arte contemporanea italiana; Cafarotti, poco più che quarantenne, porta una freschezza e un’energia che si nutrono dell’esperienza del maestro. Come scrive Cafarotti sul suo blog, “Credo che la Scienza e l’Arte non siano poi così diverse. Lontano da qualche parte esiste un punto dal quale scaturiscono insieme e al quale dobbiamo ambire.” Questa visione, condivisa con Borghi, sottolinea la loro convinzione che l’arte sia un mezzo per accedere a una verità universale.
Borghi, dal canto suo, ha sempre incoraggiato Cafarotti a esprimere la propria autenticità, “togliendo i filtri” per raggiungere una verità personale che sia parte della verità di tutti.
Conclusione
Alfonso Borghi è un artista che ha dedicato la sua vita alla ricerca della bellezza e della poesia, spaziando dalla pittura figurativa all’astrattismo, dalla tela alla scultura. La sua carriera, iniziata a 18 anni e ancora in piena evoluzione, è un esempio di come il talento e la passione possano trasformare la realtà in visioni universali. Sul blog di Roberto Cafarotti, non possiamo che celebrare questo maestro, ma anche l’amicizia che lo lega a Cafarotti, un artista che, pur appartenendo a una generazione diversa, condivide con lui la stessa dedizione all’arte.
Questa collaborazione, fatta di mostre, progetti e conversazioni, è la prova che l’arte non ha età, ma vive di incontri, di ispirazioni reciproche e di un desiderio comune di “abbracciare chi guarda, fino a farne parte.” Continuate a seguire il nostro blog su www.cafarotti.it per scoprire di più su questi due straordinari artisti e sul loro viaggio nel mondo dell’arte contemporanea.
Per approfondire la carriera di Alfonso Borghi, visita www.alfonsoborghi.it. Per conoscere le opere di Roberto Cafarotti, esplora www.cafarotti.it.
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